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Conti: “Il Bentegodi per me era una sorta di portafortuna. Verona rappresentò la tappa del rilancio”

di Hellas Live

Pubblicato il : 20 Maggio 2019 - 09:01

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Paolo Conti, cosa si ricorda di quell’anno a Verona? “Ho soprattutto un ricordo sportivo e un altro invece più goliardico. Vi racconto prima il secondo: al termine della mia prima partita, mentre vado alla macchina, si avvicinano un paio di tifosi con una bottiglia e un bicchiere e mi offrono un po’ di vino dicendomi: benvenuto a Verona!”. Ride (sotto i baffi) l’ex portierone di Roma, Sampdoria e appunto Verona, riserva di Zoff in Argentina dove la Nazionale aveva sfiorato il podio perdendo la finalina con il Brasile. Sabato sera era presente al Bentegodi per Hellas-Perugia nell’ambito del progetto di Aic e Lega B. Un anno passato in gialloblù che coincise con la salvezza e con un clima famigliare che lui, da buon romagnolo, ricorda con piacere. E quello sportivo, di ricordi? “Che il Bentegodi per me era una sorta di portafortuna, non ho perso né da avversario tantomeno da padrone di casa. E così’ mi è particolarmente simpatico!”. Che anno fu? E come mai era finito in Serie B, dopo che un anno prima faceva da riserva a un certo Dino Zoff ai mondiali del ‘78. “Verona fu per me una tappa importante, del rilancio. Mi trovavo a essere candidato per una convocazione agli europei 80 in Italia, venivo dall’esperienza in Argentina. Poi tramontarono alcuni trasferimenti a causa di guai fisici. E mi dissi: la prima squadra che passa la prendo. Fu il Verona, la categoria non mi interessava”. Tricella, Guidolin… “Sì quell’anno si costruirono le basi del grande Verona. L’anno dopo arrivò Osvaldo Bagnoli che proseguì nel progetto arrivando pochi anni dopo a conquistare lo scudetto. Guidolin? Giocava bene, non avrei mai pensato però potesse diventare un bravo allenatore”. A proposito di ricostruzioni, dopo Verona fu Genova, sponda Sampdoiria… “Era già la Sampdoria di Mantovani, capace di una programmazione che l’avrebbe portata a una dimensione nazionale e poi europea con la finale di Wembley. Era una Serie B molto competitiva…". Ecco quale la differenza fra quella B e questa B? “Quella sostanziale è che là non si parlava di promesse o di giovani che dovevamo maturare per fare poi il grande salto, ma se eri in B o in A era perché eri pronto a giocare in quella categoria. Tutto ciò rendeva il torneo di qualità tecnica e tattica". Cosa fa oggi Paolo Conti? “Mi dedico alle cose che più mi piacciono, come aiutare attraverso l’Aic gli ex calciatori, che aldilà di quello che si pensa in molti casi fanno una vita difficile". Fonte: Lega B 
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